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Viaggio nel tempo con M4

Piazza Vetra

La Vetra, la Vettabia e il porto di Milano

Mediolanum, al centro di un territorio ricco di corsi d’acqua e risorgive, sin dalle origini possiede un sistema di canali artificiali per lo sfruttamento e la regolazione di queste risorse. Un sistema che vede il suo fulcro nell’area di piazza Vetra, dove in età romana si riunivano le acque dei canali che attraversavano e circondavano la città.

Le acque della Vetra o Vepra, un canale a due bracci derivato dall’Olona e proveniente da sud-ovest, raccoglievano quelle del Seveso che alimentavano il fossato intorno alle mura, per immettersi nella Vettabia, congiungersi al Lambro in prossimità di Melegnano e quindi sfociare nel fiume Po.

Come suggerisce il nome, che deriva dal verbo latino per “trasportare”, la Vettabia era navigabile e proprio in quest’area sorgeva il porto con i suoi floridi commerci. Gli scavi archeologici condotti nel 2007 fra via Calatafimi e via Santa Croce hanno messo in luce i mastodontici resti di un canale e di una banchina in uso fra il I e il III secolo d.C.

Vetra e Vettabia furono al centro di una vivace attività artigianale e commerciale anche quando fu creata la Fossa Interna intorno alla cinta medievale. Lo ricorda, ad esempio, il nome “molino delle armi”, alludendo alla produzione di armi e armature che fu fiore all’occhiello delle signorie milanesi.

  • L'area di piazza Vetra in Età Romana

    Porta Ticinese, da 2000 anni una periferia vivace

    In questa stessa posizione, duemila anni fa, ci saremmo trovati fuori dalla città, ma al centro di uno scenario tutt’altro che deserto. Da un lato il porto con il suo via vai di merci e di genti da tutto il Mediterraneo, dall’altro la strada per il Ticino e Pavia in uscita dalla porta Ticinensis, un monumentale varco a due fornici circondato da due torri che si apriva nella possente cinta muraria.

    Dalla stessa porta, la cui torre è tutt’oggi visibile al Carrobbio, partiva la strada per Habiate (Abbiategrasso). Fra le due strade si trovava il principe degli edifici ludici del mondo romano, quello che ospitava i combattimenti fra gladiatori, le lotte fra bestie feroci e le battaglie navali: l’anfiteatro, costruito nel I secolo d.C. con un aspetto simile all’anfiteatro flavio di Roma, il Colosseo.

    I suoi resti si trovano nel Parco dell’Anfiteatro romano e Antiquarium Alda Levi in via De Amicis. Tutt’intorno un prestigioso quartiere residenziale, fra cui spicca una lussuosa domus scoperta in via Cesare Correnti.

    Le case dei morti, invece, sorgevano più lontane dai luoghi abitati: ne sono esempio le sepolture rinvenute nei chiostri della Basilica di Sant’Eustorgio.

  • L'area di piazza Vetra dal Medioevo a oggi

    Faccia a faccia tra sacro e profano

    Nei secoli passati la Fossa Interna che circondava la cinta muraria divideva due nuclei importanti del settore meridionale della città.

    A nord c’era il grandioso complesso della basilica di San Lorenzo Maggiore, straordinario esempio dell’architettura e dell’arte paleocristiana fondata quando ancora Milano era sede degli imperatori romani (fine IV-inizi V secolo).

    Sul retro, in piazza Vetra, il luogo del patibolo: fra i condannati celebri Gian Giacomo Mora, accusato di essere “untore” della terribile epidemia di peste del 1630, come ricorda la storia della Colonna Infame scritta dal Manzoni.

    A sud svettava la Cittadella di porta Ticinese, con la fortificazione voluta nel Trecento da Azzone Visconti per proteggere il sistema idrico e una delle zone artigianali extra-urbane più fiorenti di Milano.

    La misteriosa Torre dell’Imperatore, demolita nel Settecento, sembra eretta proprio in difesa di una chiusa della Vettabia di cui resta traccia nel nome di una via.

    La Cittadella inglobava un altro luogo cruciale della spiritualità ambrosiana, la basilica di Sant’Eustorgio con le reliquie dei Magi, dove termina tutt’oggi la tradizionale processione dell’Epifania.

  • I luoghi della memoria

    Milano, agosto 1943

    Invano cerchi tra la polvere,
    povera mano, la città è morta.
    È morta: s’è udito l’ultimo rombo
    sul cuore del Naviglio. E l’usignolo
    è caduto dall’antenna, alta sul convento,
    dove cantava prima del tramonto.
    Non scavate pozzi nei cortili:
    i vivi non hanno più sete.
    Non toccate i morti, così rossi, così gonfi:
    lasciateli nella terra delle loro case:
    la città è morta, è morta.
    Salvatore Quasimodo

     

    Nel corso del 1943, durante la Seconda Guerra Mondiale, Milano fu bersaglio di una serie di bombardamenti da parte degli Alleati anglo-americani. Ad essere colpiti non furono solo gli edifici strategici, ma anche le case e i luoghi delle attività delle persone comuni.

    Una pagina drammatica della nostra storia, che è riaffiorata a partire dal 2009 in piazza Vetra, con le indagini archeologiche preliminari ai cantieri della linea M4: sono tornati alla luce i caseggiati allineati alla sponda del Naviglio e alla successiva via Molino delle Armi, distrutti da quei bombardamenti e mai più ricostruiti.

    A suggerirci come potessero presentarsi sono le fotografie d’epoca, come quella scattata a pochissimi passi da qui, sul ponte della Chiusa, in direzione di porta Ticinese.